Omicidio in discoteca a Molfetta – “I giovani girano armati in discoteca”

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Tra il 21enne Michele Lavopa, il  presunto killer, reo confesso e le sue vittime maschili dell’agguato mortale in discoteca, sabato notte, che è costato la vita al 21enne barese Antonella Lopez, c’era una ruggine antica. I protagonisti del fatto di sangue, già diversi anni fa avevano avuto a che fare rendendosi protagonisti, nel 2021 di una rissa nei pressi del Fortino, sul lungomare a Bari, per ragioni legate ad attenzioni verso alcune ragazze. Dissidio che potrebbe essere stato ampliato da un’altra occasione di litigio, sfociata in scazzottata qualche giorno fa al quartiere San Paolo di Bari, anche se quest’ultimo episodio come dichiarato dal sostituto procuratore aggiunto della repubblica di Bari, Francesco Giannella, “è ancora al vaglio degli inquirenti”. Proprio in funzione di questi alterchi, tra giovani con legami di parentele importanti negli ambienti della mala barese, che questi sembrano girare armati di tutto punto anche quando si recano in luoghi di svago come le discoteche. Così come è stato nel caso di Lavopa, sabato sera quando ha incontrato, casualmente al locale “La Bahia” di Molfetta, un suo vecchio antagonista come il ventenne Eugenio Palermiti, nipote del boss dell’omonimo clan mafioso e suoi amici. Un fenomeno questo che, ormai da diversi mesi, ha messo in allerta inquirenti e investigatori. Su questo ha voluto porre l’accento il Procuratore capo della repubblica di Bari titolare, anche, della Direzione distrettuale antimafia di bari e Foggia, Roberto Rossi, secondo il quale “i social, le discoteche, i pub e i luoghi di aggregazione sono le aree in cui si scatena la necessità di manifestare platealmente la propria caratura criminale. Alcuni gruppi di ragazzi, quasi sempre appartenenti a determinati ambienti, vanno in certi posti solo per provocare e cercare lo scontro. Un aspetto inquietante è che i giovani rampolli delle casate criminali abbiano individuato le discoteche come luoghi in cui manifestare la forza”. Del resto la preoccupazione dei vertici investigativi baresi trova riscontro in due precedenti episodi che si sono verificati a Bari e Trani, in casi analoghi, almeno per quanto riguarda le location, dall’inizio dell’anno a questa parte. A fine gennaio di quest’anno, infatti, un litigio iniziato nella discoteca “Demodé”, sfociò in una sparatoria, poche ore dopo al quartiere San Girolamo di Bari, lo stesso dove abitava la vittima di sabato notte. Episodio che fa il paio con quanto accaduto, qualche settimana dopo, lo scorso dieci febbraio in una discoteca di Trani dove in seguito a una rissa tra giovanissimi, un colpo di pistola ferì, per fortuna non mortalmente, alla gamba destra una ragazza di trentadue anni di Trinitapoli che si trovava nel locale con il solo intento di trascorrere una piacevole serata ballando. “Su questa questione, legata all’ingresso di armi da fuoco nei locali da ballo e di ritrovo”, ha spiegato il sostituto procuratore Giannella “occorre che ci si fermi un attimo a riflettere per cercare di trovare soluzioni che possano arginare questo nuovo fenomeno che genera spiacevoli e gravi episodi come quello di sabato sera”. Con tutta probabilità occorrerà, in un futuro immediato concentrarsi sul ruolo, sulle mansioni degli operatori privati della sicurezza dei locali. Occorrerà puntare su un potenziamento dei sistemi di videosorveglianza delle discoteche sia nei punti di accesso che all’interno, per evitare che chiunque entri armato in un locale affollato di gente che è andata in quel posto per divertirsi. E’ pur vero che come nei casi precedenti, anche in questo caso chi era in possesso dell’arma era una persona già nota alle forze dell’ordine. Infatti, Michele Lavopa era già stato, da minorenne condannato, in via definitiva, per aver commesso una rapina a mano armata e, quindi, fin dalla giovane età avvezzo all’uso delle armi da fuoco. Un profilo quello del presunto esecutore, anche se reo confesso, che lascia diversi punti oscuri e interrogativi nella vicenda. Innanzitutto, perché ha fornito due versioni come e i luoghi nei quali si sarebbe disfatto della pistola, una 7.65 che fino a questo momento non è stata, ancora ritrovata, cosa questa è che costata l’apertura delle sbarre del carcere al Lavopa, rispetto a un eventuale arresto ai domiciliari che avrebbe ottenuto se avesse fatto ritrovare l’arma. Il giovane aveva in un primo momento asserito di aver gettato la pistola in mare poco lontano dal luogo della sparatoria, poi, invece aveva confessato di averla seppellita nelle campagne di Bitonto, dove non è stata mai ritrovata dagli investigatori nonostante accompagnati sul posto fino alla tarda serata di domenica dall’interessato.

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