Paesi sicuri: il giudice può disapplicare incidentalmente il decreto ministeriale se contrasta con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale.

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Il giudice di legittimità ribadisce il principio secondo cui la designazione dei paesi sicuri non è un atto di indirizzo politico ma tecnico-giuridico, su cui i giudici possono intervenire in virtù di quanto stabilito dalla normativa internazionale europea nello specifico art.36,37, nonché art 46 paragrafo 3 della Direttiva 2013/32 UE e l’articolo 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea in relazione alla tutela giurisdizionale.La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione con sentenza depositata il 19 dicembre 2024, in relazione alla richiesta del Tribunale di Roma del 1 luglio scorso ha ribadito che il giudice ordinario è il garante dell’effettività, nel singolo caso concreto al suo esame, dei diritti fondamentali del richiedente asilo. In particolare, il giudice di legittimità ha osservato che è riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri”. “Il giudice ordinario non può sostituirsi al Ministro degli Affari Esteri. Non può neppure annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale”.Tuttavia, la Corte di Cassazione, osserva che “nell’ambiente normativo anteriore al decreto-legge 23 ottobre 2024, n. 158, e alla legge 9 dicembre 2024, n. 187, in sede di esame completo ed ex nunc, il giudice può valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale, il decreto ministeriale recante la lista dei paesi sicuri (secondo la disciplina ratione temporis), allorché la designazione operata dall’autorità governativa contrasti in modo manifesto, tenuto conto delle fonti istituzionali qualificate di cui all’art. 37 della direttiva 2013/32/UE, con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale”.A garanzia dell’effettività del ricorso e della tutela, il giudice conserva l’istituzionale potere cognitorio, ispirato al principio di cooperazione istruttoria, là dove il richiedente abbia adeguatamente dedotto l’insicurezza nelle circostanze specifiche in cui egli si trova. In quest’ultimo caso, pertanto, la valutazione governativa circa la natura sicura del paese di origine non è decisiva, sicché non si pone un problema di disapplicazione del decreto ministeriale”.Secondo la Corte i giudici devono valutare se i rigetti delle domande di protezione internazionali siano conformi al diretto europeo sulla base delle singoli situazioni. Di conseguenza, possono anche disapplicare il decreto sulla lista dei paesi sicuri Il caso su cui la Cassazione si è pronunciata è antecedente al D.l n.158 del 23 ottobre 2024, che ha inserito l’elenco dei paesi sicuri, poi convertito in legge del 9 dicembre 2024 n.187 (precedentemente venivano indicati con un decreto ministeriale). La sezione specializzata del Tribunale di Roma aveva chiesto, con un rinvio pregiudiziale, alla Corte suprema se il giudice ordinario fosse o meno vincolato alla designazione fatta dal ministero o dovesse piuttosto valutare caso per caso.Il giudice di legittimità ha stabilito un principio di diritto: il giudice ordinario, se è investito di un ricorso contro una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale di un richiedente, che proviene da un paese designato come sicuro, può valutare se esistono «i presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale» il decreto ministeriale.Il giudice di legittimità ha osservato che il giudice non si sostituisce all’autorità governativa, ma ha il potere-dovere di esercitare il sindacato di legittimità del decreto ministeriale, nella parte in cui inserisce un certo paese di origine tra quelli sicuri, ove esso chiaramente contrasti con la normativa europea e nazionale vigente in materia, anche tenendo conto di informazioni sui paesi di origine aggiornate al momento della decisione». L’identificazione di un paese come sicuro non è quindi una valutazione governativa vincolante per il giudice ordinario, poiché il diritto d’asilo è un diritto costituzionalmente garantito, e quindi l’autorità giurisdizionale ha il potere di «riconsiderare l’inserimento di un paese nella lista dei paesi sicuri». Il giudice è chiamato a valutare nel caso concreto, l’effettivo rischio di compromissione, nel paese di origine, del nucleo irriducibile di diritti inviolabili.L’accertamento del giudice non può essere limitato» sulla base di informazioni vagliate unicamente nella sede governativa. Sarebbe anche in contrasto con il diritto dell’Ue impedire un controllo giurisdizionale, sui motivi per cui si è deciso di applicare, in caso di paese di origine sicuro, la procedura accelerata.Il giudice deve, anche in ragione del dovere di cooperazione istruttoria, comunque valutare, sulla base di informazioni sui paesi di origine (COI) aggiornate al momento della decisione, se il Paese incluso nell’elenco dei “Paesi di origine sicuri” sia effettivamente tale alla luce della normativa europea e nazionale vigente in materia»

Paolo Iafrate

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