Plastica biodegradabile: nuove frontiere dal Giappone

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I ricercatori del centro Riken per la scienza della materia hanno sintetizzato un materiale, con le stesse caratteristiche meccaniche della plastica che, se posto in soluzioni di elettroliti (acqua e sale o acqua di mare), si dissolve completamente. Produrlo su larga scala significherebbe, quindi, dire addio (o quasi) all’inquinamento marino causato dalla plastica.

Secondo dati WWF risalenti al luglio di quest’anno, una percentuale compresa tra il 75% ed il 96% delle acque marine europee risulta contaminata da sostanze chimiche presenti nella plastica. In un solo anno sono entrate, negli oceani, 190 tonnellate di 20 additivi chimici diversi. Nella plastica ancora integra in mare si sono trovate 16mila sostanze differenti, molte delle quali dai livelli di tossicità sconosciuti. In una ricerca del 2022 condotta dall’Università di Kyushu hanno stimato che, nelle acque superficiali degli oceani, galleggiavano ben 24.400 miliardi di frammenti di microplastiche, l’equivalente di 30 miliardi di bottiglie da mezzo litro. Microplastiche talvolta più fine di un capello, facilmente trasportabili dal vento ed estremamente presenti nel nostro organismo: sono state trovate negli animali che mangiamo, soprattutto nei crostacei, ma anche nei polmoni, nel sangue, nel cuore.

Un problema dalla portata ancora sconosciuta ma che, ad ogni modo, è impossibile ignorare. La nuova plastica ideata dal team di Takuzo Aida può disciogliersi in acqua di mare perché composta da polimeri tenuti insieme da un particolare tipo di legame chimico reversibile e reattivo, esclusivamente, in presenza di elettroliti. I monomeri utilizzati nella sintesi, inoltre, possono essere entrambi completamente metabolizzati dai batteri: niente microplastiche, nessun residuo tossico rilasciato in mare. Uno dei due, l’esametafosfato di sodio è, infatti, un comune additivo alimentare. Il materiale è quasi completamente riciclabile tramite processi non particolarmente dispendiosi, non rilascia anidride carbonica nell’atmosfera e degradandosi nel terreno, rilascia fosforo ed azoto, noti e preziosi fertilizzanti.

Rimane da discutere la questione degli attrezzi da pesca che, secondo ultime stime, rappresentano circa il 10% dei rifiuti di plastica in mare e non potrebbero certo permettersi di sciogliersi in acqua; ma la rivoluzione è sempre più vicina.  

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