La questura di Roma ha acquisito la mail con le minacce rivolte a Report dopo il servizio sul conflitto tra Israele e Palestina realizzato da Giorgio Mottola e andato in onda nella puntata della trasmissione di Rai 3. Il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, aveva reso noto che la redazione aveva ricevuto un messaggio nel quale le si augurava di fare la fine di quella di Charlie Hebdo, vittima di un attentato nel gennaio 2015.
Un clima di intimidazione ha colpito la redazione del programma “Report”, trasmesso su Rai 3 e condotto da Sigfrido Ranucci. Le minacce, che evocano il drammatico attacco alla redazione di Charlie Hebdo nel 2015, sono emerse a seguito di un servizio controverso sulla crisi israelo-palestinese. Nello specifico, il messaggio recapito agli autori del programma, in modo sconcertante, invoca una ‘pulizia etnica’ nei confronti della squadra di Report, insinuando che meritino una fine simile a quella subita dai giornalisti parigini.
Il contenuto di questo messaggio, che è stato diffuso anche sui social media, è un chiaro tentativo di scatenare paura e silenzio. Alcuni membri della redazione e il conduttore stesso hanno risposto pubblicamente, evidenziando quanto sia inaccettabile una simile forma di aggressione verbale contro la libertà di espressione. In un periodo in cui le tensioni politiche e sociali sono già elevate, è fondamentale riaffermare il diritto dei giornalisti a informare senza timori per la propria incolumità.
Le minacce rivolte alla redazione di “Report” si inseriscono in un contesto di crescente tensione attorno al dibattito sulla questione israelo-palestinese. L’episodio è emblematico del clima di polarizzazione che permea il discorso pubblico riguardo a questo tema, spesso accompagnato da reazioni emotive e da attacchi personali contro chi osa esprimere una prospettiva critica. Il servizio curato da Giorgio Mottola, ha sollevato un’ondata di indignazione, confermando la delicatezza della questione trattata e le sue implicazioni politiche e sociali.
Il messaggio minaccioso riceve, quindi, una risonanza significativa, poiché non rappresenta un caso isolato ma un punto di arrivo di un trend preoccupante. L’evocazione della tragedia di Charlie Hebdo non è casuale, ma evidenzia la grave situazione in cui si trova la libertà di stampa, soprattutto in contesti di forte criticità come quello attuale. Esprimere opinioni o realizzare reportage che possano risultare scomodi è diventato pericoloso, minacciando così l’integrità e la sicurezza degli operatori dell’informazione.
In tali frangenti, è cruciale comprendere che le minacce non solo mirano a intimidire singoli giornalisti, ma a silenziare intere redazioni e a minacciare il pluralismo informativo. L’atto di comunicare liberamente edonivamente non può e non deve essere ostacolato da intimidazioni di alcun tipo. In un clima in cui le voci contrarie possono essere facilmente silenziate, il ruolo dei media diventa ancor più fondamentale, fungendo da sentinelle della democrazia e del diritto all’informazione.
La reazione della società civile e delle istituzioni a tali aggressioni è essenziale per creare un ambiente in cui la libertà di stampa possa prosperare, garantendo che le informazioni possano fluire senza ostacoli, a beneficio di una pubblica opinione informata e consapevole.
La puntata di Report andata in onda domenica sera ha ottenuto il 7,6% (1,3 milioni di telespettatori) con un milione secco di spettatori in meno rispetto alla prima, quella del caso Sangiuliano Boccia. Senza i finti scoop annunciati che avrebbero dovuto far saltare il nuovo ministro della Cultura, Alessandro Giuli, la trasmissione è letteralmente crollata.
Nel corso della trasmissione il servizio sul Medio oriente era stato molto contestato dalla comunità ebraica. A protestare anche Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. “Alcuni media soprattutto pubblici consentono a determinate trasmissioni di andare in onda omettendo informazioni e costruendone altre. Un esempio ultimo, ma non ultimo, è Report. Report che ricostruisce la storia del Medio Oriente in maniera totalmente assurda, allucinante, omissiva, distorta e mendace. I telespettatori in casa pensano che la TV pubblica racconti delle cose normali, giuste. Invece no. Quindi il problema è la TV pubblica, è l’affidabilità, l’autorevolezza e la responsabilità”. Così Noemi Di Segni, alla manifestazione organizzata dall’associazione Setteottobre, a Roma, dopo l’aggressione dei tifosi israeliani ad Amsterdam.
“Se questi media costruiscono queste distorsioni, le persone nel migliore dei casi imparano le cose distorte, nel peggiore invece ricevono l’assist certificato dall’istituzione pubblica.