Intervistato dal Foglio, Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo Spa ed ex ministro della Transizione ecologica, lancia l’allarme: «Il rischio è restare fermi, indietro, mentre gli altri si attrezzano». Parole che pesano come macigni in un contesto internazionale dove la competizione tecnologica non ammette esitazioni. «In Italia esiste l’esigenza di dotarsi di nuova tecnologia e strumenti avanzati: è necessario sia dal punto di vista civile che militare. Tutti i paesi europei stanno valutando i sistemi satellitari a bassa orbita», afferma. Un messaggio che ha trovato eco anche a Palazzo Chigi, durante un incontro con la premier Giorgia Meloni questo giovedì.
Cingolani: “Tra le opzioni c’è sicuramente SpaceX. Ma non solo”
Cingolani non si ferma alle diagnosi, ma esplora soluzioni. Tra queste, figura anche il genio visionario, ora fedelissimo di Trump. «Tra le opzioni in campo, da valutare, c’è sicuramente Elon Musk. Ma non solo», spiega, ricordando che anche Jeff Bezos sta avanzando con il suo progetto spaziale. «Certamente al momento SpaceX rappresenta la realtà tecnologica più evoluta», dice l’amministratore delegato di Leonardo. E mentre l’Europa punta su Iris2, un progetto che promette di entrare in funzione entro il 2030, Cingolani avverte: «Il 2030 è ancora parecchio lontano. Nel frattempo, servirà adottare soluzioni ponte».
La sfida tecnologica e i nuovi baroni dell’industria
La corsa allo spazio è anche una partita politica ed economica, e gli attori in gioco sono i nuovi «robber barons» del ventunesimo secolo. Una definizione che evoca i baroni predatori dell’America industriale, figure come Rockefeller, Carnegie e Vanderbilt, ma declinata oggi nei nomi di Musk, Bezos e Zuckerberg. «Le decisioni commerciali, una volta prese nelle sale riunioni o durante le assemblee degli azionisti, sono sempre più influenzate dalla politica», scrive Greg Ip sul Wall Street Journal. Un capitalismo di Stato che si intreccia con il capitalismo clientelare, in cui le aziende cercano vantaggi nei corridoi del potere piuttosto che sul mercato.
Non è un caso che lo stesso Musk si sia trovato nel mirino di accuse da più fronti. Steve Bannon, ex stratega di Donald Trump, lo attacca frontalmente: «Elon vuole solo i soldi». Un’accusa che sembra trovare riscontro nelle sue mosse strategiche: dallo spazio alle telecomunicazioni via satellite, fino all’auto elettrica, molti dei suoi progetti dipendono dal sostegno dei governi. La Tesla stessa, oggi un colosso che vale più di Ford, Gm e Chrysler messe insieme, ha rischiato più volte la bancarotta e si è salvata grazie agli aiuti statali.
Ma cosa significa tutto questo per l’Italia secondo Cingolani?
Leonardo, come altre aziende europee, si trova a navigare in un contesto dominato dai giganti tecnologici americani e dalla crescente influenza della Cina. L’accordo firmato da Musk per operare in Cina senza un partner locale – un unicum per un’azienda occidentale – mette in evidenza le dinamiche di potere globali. Eppure, come sottolinea Cingolani, l’Italia non può restare alla finestra. La partecipazione al progetto europeo Iris2 è un passo nella direzione giusta, ma è chiaro che servono soluzioni immediate per non perdere terreno.
L’incontro con Meloni potrebbe segnare un punto di svolta. La premier, che ha già dimostrato interesse per la modernizzazione tecnologica del Paese, ha ora l’opportunità di imprimere una svolta decisiva. Ma le sfide sono enormi: competere con SpaceX o Blue Origin richiede investimenti massicci, una visione strategica e, soprattutto, la capacità di attrarre partnership internazionali senza rinunciare all’autonomia.
Il futuro tecnologia spaziale e satellitare
Il futuro della tecnologia satellitare e dello spazio resta un campo aperto. Come nota Walter Isaacson, biografo di Musk, la linea tra innovazione e politica è sempre più sottile. Lo dimostra il caso di Starlink in Ucraina, dove l’innovatore seriale ha deciso di sospendere temporaneamente la copertura per evitare un’escalation militare. Decisione che al tempo suscitò polemiche ma che poi si zittirono al momento dell’accordo economico.