Il ministro della Salute Orazio Schillaci chiarisce inoltre, in una intervista al Corriere, che ora ci saranno controlli stringenti. “Premieremo i direttori generali e sanitari delle aziende che garantiranno efficienza e sanzioneranno le negligenze”. Sarà creata una piattaforma per monitorare i tempi di attesa e capire dove sono le criticità. Altro punto qualificante – sottolinea Schillaci – “ambulatori aperti il fine settimana, volendo anche con orario prolungato”.
Elly Schlein se ne prende il merito. “Abbiamo stanato il governo – dichiara – la nostra campagna sulla sanità pubblica ha costretto il governo a ammettere che avevamo ragione…”.
Ai dati generali, nel report della Commissione europea sono affiancati anche quelli relativi alle graduatorie delle migliori e delle peggiori città in tema di strutture sanitarie. Anche in questo caso, il sistema sanitario italiano non fa una bellissima figura, portando due delle città più rappresentative del Sud d’Italia all’interno della lista delle dieci peggiori città d’Europa. Si tratta di Napoli e Palermo. Quest’ultima ha ottenuto una soglia di soddisfazione nelle strutture sanitarie da parte dei cittadini pari al 37 per cento, sopra in Europa soltanto a Podgorica in Montenegro (36 per cento), Miskolc in Ungheria (35 per cento) e Skopje in Macedonia (27 per cento), mentre Napoli è al 39 per cento, posizione che condivide con la capitale greca Atene poco sopra a Budapest al 38 per cento. Le migliori tra le peggiori sono Belgrado (41 per cento), Piatra Neamț e Bucarest (entrambe al 45 per cento).
Dopo lo stop forzato dovuto alla pandemia da Covid, il turismo sanitario italiano ha ripreso la sua corsa, specie per quanto riguarda lo spostamento interregionale dei cittadini. Nel 2020 la mobilità sanitaria interregionale ha raggiunto un valore pari a 3,3 miliardi di euro (report di Fondazione Gimbe), con le Regioni del Nord che si sono dimostrate più attrattive rispetto a quelle del Sud.
Dati più recenti sul tema, relativi agli anni 2021 e 2022, vengono forniti da CasAmica Odv, organizzazione di volontariato che dal 1986 offre accoglienza ai malati che decidono di curarsi lontani da casa, così come ai loro familiari che li accompagnano. Solo nel 2022, l’organizzazione ha dichiarato di aver accolto circa 5mila persone nelle sue strutture di Milano, Roma e Lecco, per un totale di 40mila notti di ospitalità. Il dato segna un netto incremento rispetto al 2021, con il valore che è cresciuto del 18 per cento.
Molto interessante è anche indagare il profilo di chi fa turismo sanitario in Italia. Secondo la ricerca del Censis Migrare per curarsi, a muoversi dalla propria zona di residenza in cerca di cure migliori e più tempestive sono principalmente i bambini e i ragazzi. Più nel dettaglio, ogni anno si sposterebbero per sottoporsi a cure mediche e chirurgiche circa 71mila minori. Proprio questo alto dato ha spinto il Censis ad aprire delle strutture di accoglienza per bambini e ragazzi malati in due città particolarmente attrattive, ovvero Milano e Roma.
Le destinazioni più ricercate dagli italiani che effettuano turismo sanitario interno sono rappresentate dalle Regioni in cui il settore sanitario risulta essere più sviluppato rispetto ad altre. Secondo il Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali, in vetta alle destinazioni c’è la Lombardia che in 10 anni ha incassato 6,176 miliardi di euro con il turismo sanitario.
La seguono l’Emilia-Romagna con 3,347 miliardi di euro di incassi, la Toscana (1,336 miliardi), il Veneto (1,138 miliardi) e, come unico rappresentante del Sud d’Italia nella top 5, il Molise (271 miliardi). E ancora il Friuli-Venezia Giulia (148 miliardi), l’Umbria (58 miliardi) e la Provincia autonoma di Bolzano (45 miliardi).
Vi è, come evidente, un netto distacco tra Nord e Sud d’Italia, così come sottolineato anche da Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni Italiane: “Il Lazio e la Campania hanno da tempo un saldo negativo. Dobbiamo pensare anche che per queste aree c’è un doppio vantaggio: il surplus di capacità produttiva viene monetizzato attraverso la mobilità attiva”.
Per ogni meta di destinazione del turista sanitario italiano ce n’è una di partenza. I cittadini che si spostano in cerca di cura lungo lo Stivale partono principalmente dalle Regioni del Sud, con i dati del Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali che sono molto chiari sul tema: Campania (-2,93 miliardi), Calabria (-2,7 miliardi) e Lazio (-2,1 miliardi), Sicilia (-1,9 miliardi), Puglia (-1,8 miliardi), Abruzzo (-823 miliardi), Sardegna (-742 miliardi), Liguria (-488 miliardi), Marche (-392 miliardi), Basilicata (-351 miliardi), Piemonte (-329 miliardi), Provincia autonoma di Trento (-97 miliardi), la Valle d’Aosta (-75 miliardi).
Per la Corte dei Conti, “la maggiore o minore attrattività dipende principalmente dalla maggiore qualità e quantità dei servizi sanitari erogati, oltre che da altri fattori che incidono in misura minore quali l’andamento dell’economia, che porta a un trasferimento della popolazione verso le Regioni più ricche, e la presenza di centri universitari di eccellenza. Non è un caso che le Regioni con maggiore capacità attrattive siano posizionate nei primi posti nel punteggio complessivo assegnati per la valutazione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) relativi all’anno 2019″.
Al fine di aumentare i dati italiani del turismo sanitario proveniente dall’estero, il ministero del Turismo ha finanziato (con decreto del 29 settembre 2022) con un milione e mezzo di euro il Progetto della Piattaforma Italicares. Lo scopo dichiarato del piano è ridurre il gap sul turismo sanitario che l’Italia accusa nei confronti di Paesi vicini come Spagna e Francia, dove questa forma di turismo rappresenta un pilastro fondamentale.
“La piattaforma – ha detto la ministra del turismo Daniela Santanchè – si integrerà con la piattaforma italia.it, garantendo così un’offerta completa e diversificata che possa rispondere alle esigenze di tutti i flussi turistici in particolare Nord Europea. Il turismo sanitario rappresenta infatti un acceleratore importante di sviluppo di un territorio, in quanto legato all’attrattività e competitività di una nazione, anche nel settore sanitario, generando ricadute importanti sull’intero indotto”.
Più che al turismo medico, tuttavia, il ministero guarda allo sviluppo di quello del benessere, sfruttando “l’immenso patrimonio di acque termali presenti sul territorio nazionale” e “un clima sempre favorevole, che ci aiuta a favorire destagionalizzazione e differenziazione dell’offerta turistica”.
Ponendo il focus sull’Europa è indicativo evidenziare come il lo scenario delle mete più gettonate del turismo sanitario stia mutando nel corso degli ultimi anni. Se nei dati sull’argomento pubblicati dal Parlamento europeo nel 2015 emergeva lo strapotere di cinque Paesi Ue nel turismo sanitario (Germania, Francia, Polonia, Italia e Svezia), da dati più recenti del 2022 pubblicati dal portale Care emerge che vi siano delle destinazioni che stanno conquistando sempre più questo mercato. Si tratta di Polonia, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca e Croazia, tutti Stati che stanno ottenendo riconoscimento per la loro eccellenza nell’assistenza sanitaria e per le moderne infrastrutture mediche.
Fuori dall’Unione europea, invece, in crescita sul turismo sanitario sono l’India, la Thailandia, il Messico e la Turchia grazie alla corretta combinazione di alta assistenza sanitaria e risparmi sui costi.