Sannicandro di Bari – Sembra essere una vendetta il movente dell’ultimo omicidio

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Si indaga a trecentosessanta gradi sul possibile movente che può aver armato la mano del killer o dei killer che, martedì sera, intorno alle 20.45, davanti all’ingresso di un negozio automatico di alimentari, in corso Vittorio Emanuele III, in pieno centro a Sannicandro di Bari, ha freddato diversi colpi di arma da fuoco il giovane 19enne del posto, Gabriele De Cicco. In attesa che in queste ore il pubblico ministero della procura della repubblica di Bari Larissa Catella formalizzi l’incarico, al professore Antonio de Donno, di effettuare l’esame autoptico sul corpo della vittima che verosimilmente avverrà domani, in modo da programmare, nei giorni da seguire l’autopsia, si scava nella storia del De Cicco, nelle sue amicizie e frequentazioni e, soprattutto, nella storia familiare. Intanto, gli investigatori dell’aliquota operativa della compagnia dei carabinieri di Modugno, coadiuvati dai colleghi del reparto operativo del comando provinciale di Bari stanno cercando, attraverso l’esame dei filmati della videocamera di sorveglianza del “punto ristoro h24 fai da te” che, pare, non siano molto nitide per dare un nome al volto del killer. Ma uno dei collegamenti più importanti sui quali si stanno concentrando gli investigatori è legato al tentato omicidio della sera del 30 marzo scorso, quando intorno alle 20,30 (più o meno lo stesso orario dell’omicidio di due giorni fa) nella centralissima piazza Unità d’Italia, a pochi metri dal luogo dell’agguato mortale di mercoledì, un giovane di 22 anni, anch’esso conosciuto fu ferito da due colpi di arma da fuoco al torace da un altro ragazzo arrivato sul posto a bordo di un’auto guidata da una donna. Le successive indagini di quel “tentato omicidio del giovedì santo” portarono, qualche giorno dopo, in carcere il fratello sedicenne dell’ultima vittima e mamma. Per gli inquirenti sarebbe stato proprio il fratello minorenne del De Cicco, in quella occasione, a sparare al 22enne, per una storia di droga e poi sarebbe fuggito a bordo dell’auto con la quale era arrivato guidata dalla madre 36enne. Per i due si spalancarono con l’accusa di tentato omicidio in concorso e detenzione abusiva di arma da fuoco, rispettivamente le porte della casa circondariale di Lecce e dell’istituto penale minorile di Bari. L’ipotesi più accreditata, dunque, potrebbe essere legata a un’azione ritorsiva di vendetta per quel mancato omicidio che avrebbe portato, se questa ipotesi investigativa dovesse essere avvalorata dai provati riscontri investigativi. Una sorta di legge del taglione con tanto di interessi applicati a un tentato omicidio si sarebbe risposto con un efferato omicidio a brucia pelo. Intanto l’intera comunità della piccola cittadina rurale dell’hinterland barese è tutta scossa da quest’ultimo fatto di sangue avvenuto in una zona centralissima del paese e in un’ora nella quale per strada c’è davvero ancora tanta gente. “È una situazione”, ha commentato il sindaco Beppe Giannone, che peraltro se fosse stato affacciato alla finestra del suo studio avrebbe assistito all’omicidio, “lascia me e l’intera comunità cittadina profondamente turbata essenzialmente per l’efferatezza del delitto che stride con la giovanissima della vittima. Un sentimento che si amplifica maggiormente”, ha continuato il primo cittadino di Sannicandro di Bari, “per gli ingiusti e immeritati rimandi mediatici e di carattere antropologico che si percepiscono nell’aria per il tipo di delitto che stride tantissimo con la natura semplice, pacifica, agricola e laboriosa di una comunità, come la nostra, che non ha nulla a che fare con la criminalità organizzata. Rimane il dolore per questa giovane vita spezzata in questo modo così brutale. Un omicidio di questa barbarie segna tutti  noi, anche, per l’ora e il luogo centrale frequentato da tanti cittadini, soprattutto, giovani. Negli ultimi giorni”, ha concluso Giannone, “mi è capitato spesso di incontrare, in quella zona, Gabriele De Cicco che probabilmente era abitudinariamente dedito a frequentare”. Abitudine che forse gli è proprio costata la vita, forse, per pagare il conto di una vendetta legata a un’azione della quale la vittima non era responsabile direttamente.

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