‘’In caso di vittoria del Rassemblement national alle elezioni legislative, il governo e’ pronto”, ha assicurato Marine Le Pen secondo cui l’esecutivo guidato da Jordan Bardella sarà’ ‘completo, competente, composto da persone del Rassemblement national e che hanno partecipato con noi alla vittoria elettorale, nonché da elementi della società’ civile”.
In uno sforzo di ‘delepenizzare’ il voto di ballottaggio di domenica, alla ricerca dei consensi della destra moderata ma anche della sinistra più oltranzista ma contraria all’estrema destra, Marine Le Pen assicura che non entrerà a fare parte di un eventuale governo di Jordan Bardella, non si candiderà per la presidenza dell’Assemblea nazionale, e che rispetterà il ruolo di Premier del 28enne presidente del Rassemblement National. Le Pen ha ammesso che, per formare un governo, sarà necessaria la maggioranza dei seggi.
“E’ evidente che non possiamo accettare di andare al governo se non possiamo agire. Noi vogliamo governare”, ha affermato, ai microfoni di France Inter. Le Pen, in attesa certo del voto per le elezioni presidenziali, ha precisato che nei prossimi anni si limiterà di fare la capogruppo dei deputati di Rn e non ha precisato invece se aderirà il nuovo gruppo europeo di Viktor Orban, riservandosi di prendere una decisione dopo il risultato del ballottaggio di domenica. “Siamo concentrati su una elezione fondamentale per il futuro del Paese”.
L’ammucchiata per fermare l’onda blu di Marine Le Pen è ufficialmente schierata. Sarebbero 218 i candidati che si sono ritirati in vista del secondo turno di domenica prossima. Alle 18, termine ultimo per presentare le candidature al ballottaggio, Macron e le sinistre hanno giocato l’ultima carta disperata per arginare il trionfo del Rassemblement national. Far ritirare i candidati arrivati terzi ai blocchi di partenza del primo turno per evitare la vittoria quasi scontata della destra lepenista.
Le Monde ha contato 218 ritiri, 130 da parte della sinistra (il Nuovo Fronte Popolare egemonizzato dalla gauche radicale di Mélenchon) e 81 nel campo della coalizione dell’inquilino dell’Eliseo (Ensemble). Dopo la vittoria tonda di Rn che ha ottenuto il 33% dei voti al primo turno si sono moltiplicati gli appelli alla “desistenza” contro il nemico.
Renaissance ha annunciato che 81 candidati della coalizione presidenziale Ensemble pour la République hanno rinunciato al secondo turno delle legislative “laddove esiste un rischio di vittoria dell’estrema destra”.
“Per senso di responsabilità, 81 candidati di Ensemble pour la République, tra i quali 60 di Renaissance, hanno scelto la desistenza per impedire all’estrema destra di disporre di pieni poteri con una maggioranza assoluta all’Assemblée Nationale”, recita il comunicato, rilanciato da Bfmtv. “Le cose sono chiare: nessun voto deve andare al Rassemblement national di Marine Le Pen”.
Per nulla scalfito dall’ammucchiata anti-destra Jordan Bardella, delfino di Marine e premier in pectore, che sta rovinando i sogni dei difensori dello status quo. “Oggi il vero fronte repubblicano siamo noi”. Così a Le Figaro a tre giorni dal ballottaggio della verità. “Se i francesi lo vorranno, avremo una maggioranza assoluta – scrive su X – a differenza dei nostri avversari che vogliono solamente impedirci di vincere, noi abbiamo un’ambizione e un progetto per il Paese”.
Una vera beffa per Emanuel Macron, cercava il colpo di reni, il chiarimento popolare dopo la Caporetto delle europee e invece è uscito dal primo turno delle legislative con le ossa rosse, lo sguardo nel vuoto e l’ossessione maniacale di arginare l’onda blu di Marine Le Pen con una diga traballante. Che va dal suo movimento (Ensemble) all’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon, il Che Guevara d’Oltralpe con rigurgiti antisemiti. “Colpa di una decisione troppo impulsiva, sconsigliata dal suo entourage, ora si ritrova a fare la stampella dell’estrema sinistra”. La pensa così Nicola Procaccini, al suo secondo mandato a Strasburgo, co-presidente del gruppo Ecr-FdI, una lunga militanza a destra ed esperienza amministrativa
La vittoria tonda del Rassemblement national di Marine Le Pen e del giovane Bardella è stato uno tsunami per i difensori dello status quo. La destra ha addirittura aumentato i consensi di due settimane fa.
Mélenchon ha detto chiaramente di non essere interessato a un governo di larghe intese dopo il voto. Il presidente Macron si è ridotto a fare il cagnolino della sinistra radicale e si trova in una situazione politica davvero umiliante, per lui e per il suo partito. Poi si sconfina nell’aspetto psicologico, tutti lo avevano sconsigliato di sciogliere l’Assemblea e andare a nuove elezioni. La sua è stata un decisione impulsiva, presa a caldo sulla scorta della rabbia. Ma non ha neppure più l’ambizione di esprimere il primo ministro. Potrà solo fare la stampella di un governo di estrema sinistra. In vista del secondo turno, in queste ore, è Macron ad aver ritirato molti più candidati di quanto abbia fatto il Nuovo fronte popolare. Macron ha anche un altro obiettivo irrealizzabile: il modello Draghi, il tecnocrate, che mette insieme questo fritto misto dall’estrema sinistra ai neogollisti, in questo caso. A governare non ce la faranno. Si accontenteranno di non fare vincere le elezioni all’avversario, senza alcuna prospettiva di governo. Sappiamo bene, e l’Italia lo ha dimostrato, che se c’è un valore politico trasversale questo è la stabilità, che ha in sé anche un valore economico e sociale. È l’asset principale di una nazione.
Non resta che aspettare ancora tre giorni. La destra di Marine Le Pen si può ancora definire “estrema”, come fanno praticamente tutti i media francesi e internazionali? Ammucchiata elettorale per sbarrare il passo a Marine Le Pen sì, ma niente governi di larghe intese. Il leader di estrema sinistra della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, che ha egemonizzato il Nuovo Fronte Popolare, gela il presidente Emmanuel Macron, uscito con le ossa rotte dal primo turno delle legislative. Che non si monti la testa, dopo il voto nessun inciucio, che il malconcio inquilino dell’Eliseo si rassegni. Il Che Guevara d’Oltralpe è sempre più una mina vagante per il listone anti lepenista voluto dall’Eliseo. Nessun governo di larghe intese con Macron, dice chiaro e tondo la gauche radicale filopalestinese. ”L’obiettivo è avere la maggioranza domenica per poter governare con un esecutivo del Nouveau Front Populaire”, ha detto il coordinatore vicino a Mélenchon. “Lo dico semplice e molto chiaro: gli Insoumis governeranno solo per attuare il loro programma, nient’altro che il programma, ma tutto il programma”,
Concluso lo schema delle candidature rimaste in piedi per il secondo turno di domenica. Alle 18, termine fissato per la presentazione delle liste in vista dei ballottaggi, sono state 218 le desistenze in funzione anti Rassemblement National. Restano quindi in piedi 81 triangolari e 2 quadrangolari. Lo schema di gioco contro Marine è “facile”: i terzi ai blocchi di partenza si ritirano per sbarrare il passo al nemico. “Ritiriamo la nostra candidatura in caso di triangolare al secondo turno di domenica prossima delle elezioni legislative francesi. La nostra indicazione è semplice – annuncia Mélenchon – neanche un seggio in più per il Rassemblement national”.