Schlein su ReArmEu: ‘Rimane sbagliato l’utilizzo dei fondi’. Tajani: ‘Chi è contro il piano è contro la Ue’

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Elly Schlein rimane convinta di poter dire agli altri cosa fare, decretando cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. «Il punto è che può anche essere facoltativo, ma rimane sbagliato», ha sentenziato, in una lunga intervista al Corriere della Sera, a proposito dell’utilizzo dei fondi di coesione nell’ambito di ReArmEu.

La cautela sull’utilizzo dei fondi di coesione per la spesa militare che il governo ha anticipato che non ha intenzione di servirsene. Di più, si deve proprio all’iniziativa italiana e, nello specifico, del commissario Raffaele Fitto, il fatto che ai singoli Stati membri sia stata assicurata la possibilità di scelta. Schlein la traveste come una sua battaglia anche se i socialisti europei hanno salutato il Piano von der Leyen con sentita accoglienza mentre lei continua a criticarlo.

«Abbiamo insistito per non dirottare i fondi di coesione sulla spesa militare. Su questo punto abbiamo avuto riscontri molto positivi e questo si rifletterà anche nella posizione dei socialdemocratici al Parlamento europeo», ha rivendicato Schlein parlando con il Corriere e aggiungendo di non sentirsi per niente rassicurata dal fatto che Fitto ha detto che chi non vuole non userà quei fondi. «Era così dall’inizio. Ma il punto è che può anche essere facoltativo, ma rimane sbagliato», ha risposto la segretaria dem alla domanda di Maria Teresa Meli, che firma l’intervista. Fosse stato per lei, insomma, quella possibilità non doveva proprio esserci.

Schlein è disattenta isolandosi dalla sua famiglia politica, che invece ha salutato con favore anche la volontarietà della scelta sul patto di coesione. Non è conscia che la possibilità di attivare i fondi di coesione per la spesa sulle armi esiste perché esistono alcune Nazioni per cui ha senso. «Serve un approccio equilibrato, perché esistono Stati nei quali l’idea di poter utilizzare le risorse della coesione per la difesa non è fra le priorità. Altri Stati, in particolare quelli del Nord-est europeo, invece possono avere questa esigenza e quindi cogliere questa opportunità», ha spiegato Fitto a Bruxelles.

“Chi è contro la difesa europea non è abbastanza europeista perché non si può essere europeisti à la carte, per strumentalizzare l’europeismo e dire ‘voi non siete europeisti’”. A sbugiardare gli europeisti a corrente alternata è il ministro Antonio Tajani, reduce dal consiglio europeo nel quale, insieme alla premier Meloni, ha tracciato la linea italiana. “Tutti coloro, a sinistra, che oggi si professano europeisti, vogliono partecipare alle manifestazioni non si sa perché, perché devono essere manifestazioni europeiste però con obiettivi limitati, se lo si è si è anche per la difesa unica europea”. Ogni riferimento alla piazza del 15 marzo lancia da Michele Serra che si preannuncia come l’ennesimo show contro il governo è voluto. “L’europeismo per strumentalizzare l’Europa ai fini di politica interna a noi non interessa”, taglia corto il vicepremier.

Armi spuntate, quelle della sinistra, anche quelle sul niet dell’utilizzo dei fondi di coesione. Il governo Meloni – forse il Nazareno non se n’è accorto – ha combattuto per rendere ‘facoltativo’ l’uso di quei fondi per le spese militari. La premier ha chiaramente detto che l’Italia non intende utilizzare quei finanziamenti per le armi. “Dobbiamo rispettare l’impegno con la Nato di arrivare al 2% del Pil per la difesa”, ha chiarito ancora Tajani. “Ma sono spese che non incidono su altro, perché intanto lo scorporeremo, come abbiamo deciso ieri, dal Patto di stabilità quindi non si toccano altre spese”.
“Qui non si tratta di spese solo per le armi – spiega – il concetto di sicurezza significa sicurezza cibernetica, infrastrutture, innovazione, ricerca, tutto ciò che garantisce la sicurezza dei cittadini. Significa avere anche più militari per strada. Gli uomini che vengono impegnati nella lotta al terrorismo. Quelli a difesa dei confini, per la sicurezza nel Mediterraneo, in mare per la protezione delle navi mercantili nel canale di Suez e nel Mar Rosso. La Protezione civile e le missioni di pace. Non bisogna semplificare né mistificare: le spese per la sicurezza sono fondamentali e vanno a favorire anche la crescita, anche il contributo dei privati, speriamo”.

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