Si riapre in Parlamento il dibattito sullo Ius soli

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Mauro Berruto, ex allenatore della nazionale di pallavolo maschile, nonché ex direttore tecnico della nazionale di tiro con l’arco, nonché ex ad della Scuola Holden di Torino, è da questa legislatura deputato Pd, a dire il vero con modesti risultati, ma sempre pronto ad essere contro il governo per dare segno della sua esistenza politica.  Da circa un anno Berruto è responsabile del Dipartimento Sport del partito della Schlein e  le ‘Macroniadi’ sono state utilizzate dal Pd in funzione strumentale, e ideologica su alcuni temi, a partire dallo Ius Soli, al quale Berruto non è mai stato interessato. Non lo era dodici anni fa, quando faceva solo il commissario tecnico ed era  soltanto un apprezzato e stimato uomo di sport. Oggi sostiene che il tema dello Ius Soli gli è stato sempre a cuore, senza trovare la necessità motivarlo. Perché non ne ha parlato allora? I motivi sono due: o non era ancora interessato al tema dello Ius Soli e quindi per lui, e il Pd,  è diventato impellente solo col governo Meloni.

Quelli del Pd prima di Parigi non vedevano le Olimpiadi: di sicuro non hanno seguito quelle di Londra 2012. Non si spiega altrimenti il forte interesse di questi giorni sullo Ius soli sulla scia dei risultati delle Macroniadi, suggestionati dall’ultimo oro italiano, quello conquistato delle ragazze della pallavolo – che non sono solo Paola Egonu e Myryam Sylla, va ricordato per rispetto di tutte – e con uno strabismo che balza agli occhi. Perché invocare lo Ius soli a orologeria, quando il Pd al governo,  ma anche il M5s,  non lo ha voluto mettere in agenda né realizzare quando erano al governo?

Strano ma vero, in occasione delle Olimpiadi di Londra 2012, governo Monti,   nessuno si accorse che erano parecchi anche in quella edizione gli italiani alla Egonu, e cioè come la pallavolista azzurra con genitori non nati in Italia.

Basti pensare che alle edizioni di Londra di 12 anni fa, presidente del Coni Gianni Petrucci, su 28 medaglie ottenute dalla spedizione italiana, c’erano 8 azzurri da annoverarsi nello status, lo diciamo per convenzione ‘alla Egonu’. E quindi naturalizzati oppure nati da un genitore straniero. Dopo Parigi la sinistra esterna, ma dopo Londra 2012 è rimasta muta. Il medagliere parla chiaro. Ecco la lista di Londra 2012: l’Italia conquista un argento nella pallanuoto avendo in squadra il cubano Amaurys Pérez, il croato Danijel Premuš  e Alex Giorgetti, nato a Budapest, con mamma e passaporto ungherese. C’è da pensare che a Riccardo Magi e ad Angelo Bonelli, che esternano in queste ore, evidentemente non piace la pallanuoto, perché 12 anni fa non intervennero dopo le medaglie per chiedere l’introduzione dello ius soli.

A quelli del Pd invece non piace la pallavolo maschile: hanno infatti esaltato le azzurre del volley, ma dal Nazareno nessuno celebrò la medaglia della nazionale maschile simbolo d’integrazione. Eppure in quella formazione militavano il polacco Michal Lasko, l’italiano “alla Egonu” Ivan Zaytsev, nato a Spoleto e figlio di due campioni dell’ex Unione sovietica. Ma anche il croato Dragan Travica. Per non parlare della ginnastica ritmica: come mai nessuno prese a modello l’ucraina Anželika Savrajuk e la rumena Andreea Stefanescu, salite sul podio di Londra 2012 con la medaglia di bronzo?  C’è da ritenere che, con Monti a Palazzo Chigi lo Ius soli non era ritenuta una priorità. Lo è diventato, improvvisamente, in questo agosto con il governo Meloni. Il che rende l’idea della credibilità di certe campagne dell’opposizione. A sinistra trasformano la vittoria straordinaria delle azzurre del Volley in un manifesto politico per rilanciare lo Ius Soli. Il peggiore è Riccardo Magi di +Europa: “Queste ragazze sono lo stimolo a cambiare la legge sulla cittadinanza”.

Si accoda  la senatrice Sbrollini di Italia Viva: “La straordinaria vittoria della multietnica Italvolley femminile ai giochi di Parigi dimostra la necessità assoluta di cambiare la legislazione sulla cittadinanza. A cominciare dallo Ius soli sportivo, non più differibile”.

Da segnalare  la proposta presentata la settimana scorsa alla Camera dal responsabile Sport del Pd, Mauro Berruto, per disciplinare il tesseramento dei minori stranieri nati in Italia presso le società e associazioni sportive e i casi di concessione della cittadinanza.

Lo ius scholae è il minimo comun denominatore che unisce le varie proposte di legge presentate in Parlamento, tutte da parte di esponenti del centrosinistra, per rivedere la legge sulla cittadinanza, sulla falsariga del testo approdato in Aula alla Camera al termine della precedente legislatura e poi naufragato anche per lo scioglimento anticipato del Parlamento.

È ormai da anni che ciclicamente il dibattito politico si riaccende sulla necessità o meno di modificare l’attuale normativa sulla cittadinanza. Diverse le possibili strade: dallo ius sanguinis, che in sostanza è quello vigente in Italia, allo ius scholae fino allo ius soli.

La legge in vigore, del 1992, prevede che la cittadinanza italiana si acquisti ‘iure sanguinis’, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani. La cittadinanza può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti. In particolare, il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali, di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica. La legge prevede inoltre che stranieri nati e residenti legalmente e ininterrottamente in Italia fino ai 18 anni, possono richiederla all’atto dell’ingresso nella maggiore età. Una procedura, però, lunga e non sempre con esito positivo. Infine, si può diventare cittadini italiani anche per matrimonio.

Ius Soli

Fa riferimento alla nascita sul territorio dello Stato e si contrappone allo ius sanguinis, basato sull’elemento della discendenza o della filiazione. Nei Paesi che lo applicano è cittadino originario chi nasce sul territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori.

Ius Scholae

È il principio che lega l’acquisizione della cittadinanza italiana al compimento di un intero ciclo di studi. Il tema fu al centro di un ampio dibattito tra il 2017 e il 2018, ma il testo finì su un binario morto alla Camera nel 2022. Lo ius scholae prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana per i minorenni stranieri nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che abbiano risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia, e che abbiano frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici. Il ciclo scolastico necessario può essere allungato (la proposta di Forza Italia, ad esempio, prevede almeno 10 anni scolastici).

Ius Culturae

Una proposta di legge in tal senso fu approvata dalla Camera nell’ottobre del 2015, poi arenatasi al Senato. Prevede l’ottenimento della cittadinanza italiana per i minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il 12esimo anno di eta’, che abbiano “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali con esito positivo”.

Il disegno di legge a firma della senatrice del Pd, ed ex capogruppo, Simona Malpezzi,  prevede la concessione della cittadinanza italiana al minore stra­niero che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, che risieda legalmente nel nostro Paese e che abbia frequentato in maniera regolare per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli scolastici o percorsi di istruzione e formazione professionale ido­nei al conseguimento di una qualifica pro­fessionale. Contenuti che si ritrovano anche nella proposta depositata dalla capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, Luana Zanella, e in quella della deputata M5S Vittoria Baldino.

Si spingono invece oltre, prevedendo anche il cosiddetto ius soli, le proposte dell’ex presidente della Camera, Laura Boldrini, del deputato del Pd Matteo Orfini e del senatore Dem Francesco Verducci. Nel primo caso la cittadinanza viene riconosciuta ai nati nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia regolarmente soggiornante in Italia da almeno un anno, al momento della nascita del figlio e a chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di di cui almeno uno nato in Italia.

La proposta Orfini prevede lo ius soli per i bambini nati nel nostro Paese da genitori stranieri, di cui almeno uno vi risieda legalmente senza interruzioni da non meno di cinque anni o sia in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo.

Contenuti analoghi a quelli del testo di Verducci, in base al quale acquista la cittadinanza chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, dei quali almeno uno sia in possesso del diritto di soggiorno permanente o del permesso di soggiorno di lungo periodo. Requisito decisivo per l’otte­nimento di uno dei suddetti titoli, si ricorda, è il sog­giorno per almeno cinque anni in Italia.

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