Con il crollo del regime siriano di Bashar al-Assad emergono diverse e complesse questioni su cosa ne sarà del futuro dei milioni di rifugiati siriani che hanno trovato rifugio in Europa dalla guerra. La fine del regime totalitario della famiglia Assad, durato oltre cinquant’anni, apre per Bruxelles tutta una serie di interrogativi come su che sarà per la compagine politica europea il nuovo interlocutore. Un altro punto da affrontare è il ruolo che dovrà e potrà avere l’Unione nella fase di transizione del potere e se l’euro contesto sarà chiamato a impegnare risorse economiche per la ricostruzione del Paese oltre a capire quali saranno le sorti delle sanzioni imposte dal vecchio continente alla Siria. A tutto ciò si aggiunge l’incertezza su quella che sarà la sorte dei tantissimi siriani, che negli ultimi anni hanno chiesto e ottenuto lo status di rifugiato o che sono in attesa di sapere se gli sarà riconosciuto. Precauzionalmente e nello stato di incertezza alcuni stati europei hanno deciso di sospendere temporaneamente l’esame delle domande dei rifugiati siriani che avevano chiesto il riconoscimento di perseguitati politici nel loro Paese. Tra i paesi che hanno adottato questa linea c’è anche l’Italia insieme a Germania, Danimarca, Svezia, Belgio e Finlandia. Il primo ministro ad interim austriaco Gerhard Karner, noto per le sue idee di sostegno alle politiche migratorie ha deciso di sospendere i ricongiungimenti familiari e l’applicazione di un nuovo “programma di rimpatrio e deportazione ordinata” che si interesserà oltre 40mila siriani che, negli ultimi cinque anni, hanno ottenuto la protezione.