Strategie europee di Giorgia Meloni: ‘Il protagonismo delle Nazioni è l’unico futuro possibile per l’Ue’

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Le elezioni europee di giugno si avvicinano e i leader politici mettono a punto le strategie per far crescere il loro peso sulla scena pubblica. Se ne parla durante la puntata di Omnibus del 21 maggio quando in collegamento c’era il professor Giovanni Orsina, dell’università Luiss. Orsina svela la strategia del premier Meloni negli equilibri di Bruxelles.

“Il gioco di Giorgia Meloni è quello di collocarsi come cardine e cerniera. Cioè essere la forza politica di destra che dialoga con i popolari ma fa da gatekeeper rispetto alle forze alla sua destra, quelle che possono essere incluse e quelle che non possono esserlo. Questa è la sua idea astratta. Il problema è capire dopo il voto se questa posizione le sarà consentita. Nessuno vuole che un altro partito sia nella posizione di cardine perché il cardine ha un sacco di vantaggi. Bisognerà capire se le sarà consentito o le sarà richiesta una scelta. Dipenderà da come si muoveranno tutti: alla sua destra e alla sua sinistra in un gioco molto complesso fatto da tanti partiti nazionali e gruppi politici che seguono il proprio interesse. È un gioco talmente complesso che oggi è impossibile da prevedere”.       

Molti  immaginano da mesi il percorso di una normalizzazione della leadership di Giorgia Meloni in vista delle prossime Europee, perché convinti  che la premier si sia convinta, o arresa, al fatto che la Grosse Koalition in salsa europea sia l’inevitabile a cui dovrà sottostare. Sono convinti che il suo percorso obbligato sia quello di emanciparsi dai conservatori, pena l’isolamento europeo.

A Madrid Meloni non solo ha preso parte a “Viva24” la manifestazione di Vox e,  seppur in collegamento video, ha pronunciato un discorso che più chiaro, davvero, non poteva: «Dicevano che non saremmo mai diventati credibili abbastanza per contare, per essere decisivi». E allora l’abbraccio con Vox è quello di una leader di governo per un nuovo governo Ue che intende chiudere la stagione del vincolo esterno e del Superstato. Perché la strada per la «sovranità europea e l’autonomia strategica» passa dalla ricetta opposta: il protagonismo delle Nazioni. «Siete l’unico futuro possibile per l’Ue», così la premier ha salutato la platea del partito di Santiago Abascal, infiammandola con l’appello al «Rinascimento europeo» a cui è chiamato il «motore» conservatore. Il momento è ‘decisivo’: «Per la prima volta l’esito delle elezioni europee potrebbe sancire la fine di maggioranze innaturali e controproducenti».

Per Meloni è tempo di un’Europa che pensi a difendere la produzione «dalle politiche suicide» della svolta green, le imprese dall’arbitrio delle regole «che valgono solo per loro», la natura «con l’uomo dentro», la natalità contro la disumanizzante pratica «della maternità surrogata». Uno spartito che a suo avviso, infatti, può essere interpretato solo dal destra-centro: di cui l’Italia è il laboratorio per eccellenza. Ossia da una formula di governo realista e produttivista, sociale e popolare, ecologista ed equilibrata. Tutto l’opposto della vecchia maggioranza Ursula, «di una legislatura europea 2019-2024 contrassegnata da priorità e strategie sbagliate». Quella che ha permesso a socialisti e verdi di schiacciare il grosso del Ppe imprimendo con il Green Deal la più anti-sociale delle riforme per i ceti medi europei e per l’impianto manifatturiero e industriale di tutto il Continente. Senza dimenticare tutte le misure dirigiste, che hanno depresso interi settori, e quelle del “dirittismo” spinto, sulla propaganda libertaria ed Lgbt, che invece di tutelare le minoranze hanno contribuito a lacerare nel profondo la società europea.

A un Continente «stanco, remissivo, viziato», Giorgia ha detto: «È il tempo di alzare la posta in gioco», di costruire, «non sperare», un’Unione «diversa e migliore di quella di oggi». Risposta forte e chiara della leader di Ecr a chi pensa di poter annacquare il progetto dei Conservatori nel recinto delle maggioranze “arlecchino”. E soprattutto a chi immagina di poter frenare la spinta al cambiamento che ribolle in tutti i popoli d’Europa con un anti-storico “arco costituzionale” contro le destre.

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