Suona il silenzio sulla corazzata Potëmkin che fa il canto del cigno

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Al calar del sipario sul più prestigioso palcoscenico canoro italiano che ha decretato vincitore un giovane talento dal nome più diffuso tra i quattro zampe che tra i bipedi, corrisponde la campanella dello spettacolo teatrale del politeama mondiale “peace with whom?”, che, tradotto per i nostri diversi politici che non conoscono l’inglese, sta per: “Pace con chi?”. La sigla della nuova kermesse musicale, dall’annunciato sapore tragicomico, ha scomodato niente poco di meno che Carlo Alberto Bosi, il quale, nel 1848, in pieno Risorgimento, scrisse “Addio mia bella, addio”.

A riarrangiare, oggi, quell’inno patriottico che aveva molto a che fare con una guerra di liberazione, dopo che il jingle nel 2011, in occasione del 150º anniversario dell’unità d’Italia, fu riproposto da Luca Barbarossa e Raquel Del Rosario, ci ha pensato Marco Rubio divenuto, di fatto, il sicario politico degli Stati Uniti d’Europa.

Il nuovo testo della sigla musicale, in questione, diretta dall’accoppiata Trump-Putin, fa più o meno così:

“Addio, mia bella, addio … l’Ucraina se ne va … se partissi anch’io sarebbe una viltà!”.

Poi, riferendosi al presidente ucraino, la strofa dice:

“Non pianger, mio tesoro … forse ritornerò … ma se la trattativa m’ignora in ciel ti rivedrò”.

A far da contraltare alla sigla d’apertura, le musiche di coda del festival canoro della strategia geopolitica mondiale. Per accompagnare la chiusura del sipario la coppia Trump (in arte Tycoon) – Netanyahu, (in arte Bibi), diretti dall’orchestra del maestro Marco Rubio si è rifatta al brano musicale del 1968, cantato da Massimo Ranieri: “Rose Rosse”. Il remake musicale oggi dice:

“Bombe Usa per te … ho inviato stasera, e il tuo cuore lo sa cosa voglio da te”.

A vincere il primo premio del particolare concorso canoro è stata Ursula von der Leyen con due canzoni scritte da Gianni Morandi. La prima, nel 1964, “Non son degno di te”.  Lei, tenendo la bandiera dell’Unione, prima, ha cantato:

Non son degno di te … non ti merito più … ma al mondo non esiste nessuno, che non ha sbagliato una volta. E va bene così … me ne vado da te

Altro successone della von der Leyen la canzone scritta nel 1964, “In ginocchio da te”.  Ursula, questa volta, teneva mostrava una foto di Donald Trump, mentre ripeteva:

“Ritornerò in ginocchio da te, … l’unione non è, non è niente per me, … ora lo so … ho sbagliato con te … ritornerò in ginocchio da te … e bacerò le tue mani amor”.

Ospite fuori concorso della kermesse, lui: Volodymyr Zelens’kyj che ha interpretato magistralmente il canto del cigno.

In ultima fila della platea il gruppo musicale: “orchestra europea” composta da(in ordine alfabetico, non riuscendo a dare un ordine di importanza):

Robert Abela, Ilie Bolojan, Nikos Christodoulides, Antonio Costa,Bart De Wever, Petr Fiala,Robert Fico, Mette Frederiksen, Luc Frieden, Ulf Kristersson, Emmanuel Macron,Kristen Michal, Micheál Martin, Giorgia Meloni,Rossen Jeliazkov, Kyriakos Mitsotakis, Luís Montenegro, Gitanas Nausėda, Robert Golob, Viktor Orbán,Petteri Orpo,Pedro Sánchez, Andrej Plenković, Olaf Scholz, Alexander Schallenberg, Dick Schoof, Evika Siliņa, Donald Tusk, ha cantato l’inno dei congedanti con queste parole:

“Allarmi, allarmi … allarmi siam offesi, son giorni e non son mesi … e non si sente più la chiamata, nemmeno il campanellino d’aula dell’adunata … e non si mangia più(per dirla alla Zalone) nè la buvetta, perché l’abbiamo data a la furbetta. … Siam congedati, siam congedati. A casa si va e non si torna più … non avrò di nuovo il voto che mi ha dato tu … Allarmi, allarmi … allarmi fantaccino che l’ora s’avvicina …  non più, non più saremo considerati … perché sarem borghesi e non politici impegnati.

Siam congedati, sian congedati … un passo avanti un’altra figura non vogliamo far …  è il momento che a casa andiam”. 

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