Terrasanta: Il pensiero di Padre Ibrahim Faltas a dieci anni di distanza dalla visita di Papa Francesco

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Padre Ibrahim Faltas, oggi vicario custodiale di Terrasanta e concreto uomo di pace e del fare cristiano nel Mondo ha meditato, per l’Osservatore Romano, su un evento storico occorso dieci anni fa e che abbiamo l’onore di pubblicare. “Per una felice coincidenza, il decimo anniversario del pellegrinaggio in Terra Santa e della giornata trascorsa a Betlemme di Papa Francesco è coinciso con la Giornata mondiale dei bambini. Il 25 maggio scorso il Santo Padre ha incontrato a Roma le “pietre vive” della Terra Santa, nello stesso giorno del 2014 le incontrò nei Luoghi Santi. Ricordo bene l’emozione di quel giorno: quel viaggio apostolico voleva ricordare l’abbraccio del primo Pontefice a recarsi pellegrino in Terra Santa, Paolo vi, con il Patriarca ecumenico Atenagora. Papa Francesco era stato eletto un anno prima e chiese di essere pellegrino perché il suo era un pellegrinaggio di preghiera per chiedere la pace. Chiese di incontrare in Terra Santa e insieme i due presidenti di Israele e di Palestina ma questo suo desiderio non fu esaudito. Durante il percorso per arrivare alla basilica della Natività, Papa Francesco vide il muro e la sofferenza della separazione fu così tangibile che chiese un fuori programma e decise di fermarsi. L’immagine del Papa che tocca il muro, si appoggia per una preghiera solitaria e silenziosa, è l’immagine della forza di un uomo di pace che non perde la speranza, si ferma solo per pregare e non si stanca di chiedere la pace. Con mitezza e decisione riuscì a far incontrare Abu Mazen e Shimon Peres due settimane dopo in Vaticano. Fu un incontro fraterno, di preghiera comune, di umili richieste di offrire reciprocamente il perdono, rivolte dal Papa ad entrambi i popoli, per cercare una convivenza umana e pacifica nella terra di Gesù, così martoriata e offesa. Tre uomini avanti negli anni e desiderosi di pace, piantarono insieme un albero di olivo. Dopo dieci anni le radici di quell’albero dovrebbero essere ben radicate nel terreno ma ancora non abbiamo potuto cogliere i frutti di questa pianta, simbolo universale della pace. Fin dall’inizio del suo ministero, scegliendo quel nome, Papa Francesco ha dato forza alla sua missione di pace. I suoi appelli hanno raggiunto ogni angolo della terra ma non sempre le parole profonde del Santo Padre raggiungono i cuori degli uomini. Ho visto in questi anni un uomo sofferente per il male della guerra, l’ho visto sorridente solo quando incontra i bambini e gli indifesi. Nel 2014, a Betlemme, sorrise ai bambini raccolti sulla piazza della Mangiatoia che cantavano la gioia di averlo fra loro e sorrise abbracciando il bambino che lo accolse in un campo profughi parlando e cantando in italiano la sofferenza e l’umiliazione. Nel 2024 a Roma ha sorriso ai bambini che da tutto il mondo hanno raccolto il suo invito a pregare e a percorrere la via della pace. Nella lettera che per la Pasqua  ha inviato ai cristiani di Terra Santa, Papa Francesco ringrazia perché «sapete sperare contro ogni speranza». È la stessa speranza che il Santo Padre ci insegna a coltivare come un dono e che, insieme alla fede e alla carità, porterà la pace al mondo. È la stessa speranza che non abbandona Papa Francesco e che rafforza le sue parole e i suoi gesti di pace. Dieci anni: un tempo lungo e insieme un tempo fermo e breve nella storia della Terra Santa. La morte, la sofferenza, la distruzione sono aumentati tragicamente ma sono stati dieci anni segnati dalla presenza continua della preghiera e della vicinanza paterna del Santo Padre”.

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