Gaetano Saya nasce a Messina nel 1956, cresciuto dal nonno Matteo Francesco Gesuino, che aveva servito nel Regio Esercito ed era stato presente alla marcia su Roma, il quale gli aveva inculcato l’amore per la Patria». Così, sul sito www.destranazionale.org, si presenta Gaetano Saya, uno degli arrestati nell’ambito dell’inchiesta sulla «Polizia parlallela» della Questura di Genova.
Nel sito Saya esibisce anche alcune sue foto giovanili, in divisa da poliziotto, una mentre regge l’ombrello che protegge l’allora ministro della Difesa Giovanni Spadolini, un biglietto di «stima e solidarietà» di Licio Gelli. «Fin da giovanissimo – continua la biografia – simpatizza per il Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale e nel 1970 appena quattordicenne partecipa alle giornate di Reggio Calabria (rivolta per il capoluogo), a diciotto anni si arruola nel disciolto Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, dopo l’addestramento e una breve permanenza, viene ingaggiato dai Servizi Segreti della N.A.T.O. esperto in ISPEG (Informazioni, Sabotaggio, Propaganda e Guerriglia), controspionaggio e antiterrorismo».
«Raggiunti i massimi livelli si congeda nel 1997. Cooptato nel 1975 dal Generale Giuseppe Santovito, allora Capo del SISMI – scrive la nota -, viene iniziato in una Loggia Massonica riservata; da Apprendista di primo grado in breve diviene Maestro Venerabile della Loggia Divulgazione 1 a carattere internazionale. Nel Novembre 1997, viene citato come principale teste d’accusa della Procura della Repubblica di Palermo, nel processo contro Giulio Andreotti dove Gaetano Saya accusa Andreotti di essere il mandante dell’omicidio del Generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa; verità rivelatagli dal Generale ed amico fraterno Giuseppe Santovito». «Congedatosi dai Servizi, e messosi in sonno Massonico, decide insieme ad un gruppo di provata fedeltà di dar vita al movimento politico, voluto da Almirante ed iniquamente soppresso, Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale. Gaetano Saya – continua il racconto – diviene così il capo assoluto di questa formazione politica. Laureato in Legge e Scienze Politiche, Cavaliere dell’Ordre International de la Paix. Il primo Dicembre 2002 in Milano è stato nominato Presidente onorario dell’ U.N.F.P. (Unione Nazionale Forze di Polizia), il primo sindacato di Polizia interforze. Di recente ha assunto la Direzione Generale dell’Ente denominato: Dipartimento Studi Strategici Antiterrorismo – Interforze di Polizia in funzione Antiterrorismo Islamico».
Saya è stato rinviato a giudizio per propaganda di idee fondate sulla superiorità e l’odio razziale, diffuse attraverso il sito Destranazionale.org.
Tre anni e 10 mesi di reclusione per alcuni reati, fra cui una calunnia. Nuovo arresto per il messinese Gaetano Saya, già finito nella rete della Giustizia in passato, accusato di avere cercato di creare una polizia parallela, il “Dssa” (Dipartimento di studi strategici antiterrorismo).
Già leader del Nuovo Msi, era ricercato dal 2014, poi intercettato dai carabinieri in un’abitazione di Genova, presa in affitto da un suo conoscente. All’interno, i carabinieri trovarono anche vari reperti militari, due elmetti dell’Esercito italiano, bossoli esplosi di mitragliatrice, altre munizioni e materiale di propaganda legato al Dssa.
Saya, nel 2005 finì ai domiciliari in un’inchiesta partita da Genova, poiché ritenuto fra i creatori di un’ambigua struttura, la “Nuova Gladio”. Un gruppo nato all’interno del Dssa, che gli inquirenti definirono composto da – “nostalgici e millantatori, ma oggettivamente capaci di ottenere svariati crediti nelle istituzioni e di accedere a database riservatissimi” -.
Nel sito internet dellla Dssa, oscurato pochi minuti dopo la diffusione della notizia degli arresti, si poteva leggere: “Il Dipartimento Studi Strategici Antiterrorismo istituito come Ente di Diritto Pubblico dalle Interforze di Polizia della Repubblica Italiana, offre un supporto d’indagine e ricerca, altamente specialistico, per tutti coloro che appartengono a organizzazioni potenzialmente a rischio di aggressione da parte del terrorismo”.
Intento degli affiliati era imbastire un artigianale controspionaggio a pagamento, contando sulle soffiate di poliziotti, carabinieri, guardie penitenziarie e finanzieri iscritti al gruppo. L’indagine era nata dalle intercettazioni condotte per far luce sulla morte di Fabrizio Quattrocchi, ucciso in Iraq, e l’arruolamento dei contractor italiani in Iraq.
Il Dssa era organizzato in modo gerarchico, la struttura era articolata in sei divisioni a capo delle quali risultavano esserci in particolare Saya e Riccardo Sindoca. Il procedimento penale si chiuse con un proscioglimento generalizzato, sebbene il suo creatore abbia sempre rivendicato con orgoglio di avere gestito l’organizzazione che – dissero gli inquirenti – “programmava e metteva in atto in varie città italiane, di propria iniziativa e quindi abusivamente e arbitrariamente, attività corrispondenti a funzioni proprie di organi di polizia e di sicurezza”.
Nell’ottobre 2012 Saya fu condannato in primo grado, dal Tribunale di Roma, ad 11 mesi di reclusione per apologia di fascismo. Con lui anche la moglie, Maria Antonietta Canizzaro, a soli a 5 mesi. La condanna per aver creato due gruppi, le Ronde Nere e la Guardia Nazionale Italiana, di tipo paramilitare, con tanto di divise, stemmi di tipo fascista (aquila romana e scritta “S.P.Q.R.” compresa).
Negli ultimi tempi, Gaetano Saya, Maria Antonietta Cannizzaro erano alla guida del movimento Destra Nazionale-Nuovo MSI, insieme anche a Francesco Belsito, genovese ed ex tesoriere della Lega Nord, anch’egli coinvolto in varie inchieste giudiziarie.
Saya nel 2005 è stato arrestato con l’accusa di aver cercato di creare una polizia parallela. Poi è stato prosciolto. Di recente in casa sua sono stati trovati divise e tesserini irregolari. Negli anni aveva tentato di abbordare anche personaggi di un certo calibro politico, come Domenico Scilipoti. Saya aveva proposto all’agopunturista prestato alle istituzioni di diventare il nuovo Duce del Msi rifondato. Chissà perché, la strategia non ha avuto successo.
La fiamma tricolore
La fiamma tricolore è il simbolo usato dal Movimento Sociale Italiano all’epoca di Giorgio Almirante. È stato utilizzato anche da Alleanza Nazionale all’epoca di Gianfranco Fini. Il suo significato vuole richiamare la fiamma del reggimento degli Arditi, corpo speciale del Regio Esercito italiano. Secondo altri sarebbe invece la fiaccola ardente sulla tomba di Benito Mussolini. Nel 2022, durante la campagna elettorale per le elezioni politiche, Meloni ha spiegato che la fiamma tricolore nel simbolo di FdI non è nostalgica: «La destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche». La senatrice a vita Liliana Segre ha chiesto alla premier di toglierla dal simboli di FdI, senza ricevere risposta.
«Berlusconi mi ha spiegato che la presenza della fiamma tricolore, il nostro amato simbolo, è fondamentale nelle sue liste. Gli porteremo, lui ne è giustamente convinto, tutti i voti dei nostalgici e di quelli che non si riconoscono nell’attuale destra. Moscia e venduta», disse la moglie di Saya, Anna Maria Cannizzaro, dopo un incontro con il Cavaliere a palazzo Grazioli. Era il 2006. Adesso il dinamico duo Ferramonti-Saya ha trovato un nuovo condottiero nel generale Vannacci e per questo vuole togliere a Meloni il tricolore che la caratterizza con i nostalgici. Ci riuscirà?
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