Secondo il Wall Street Journal il primo atto di Donald Trump una volta insediato alla Casa Bianca sarà firmare un decreto esecutivo per ritirare l’America dall’Accordo di Parigi sul clima. Il trattato, firmato nel 2016 da quasi duecento Paesi, regola la riduzione delle emissioni di gas serra ed è alla base delle politiche green poi intraprese – la famosa transizione energetica a tappe forzate – che tanto fa discutere e preoccupare per i suoi riflessi sull’economia reale. Trump non ha mai creduto che il cambiamento climatico in atto fosse provocato innanzitutto dall’inquinamento né ha fatto mai mistero di essere un fan della old economy a trazione carbon fossile tanto da aver già stracciato una volta quell’accordo nel 2019 durante la sua prima presidenza ritenendolo inutilmente dannoso per gli interessi americani.
Trump vuole imprimere da subito alla sua economia che libera dai lacci e lacciuoli dell’ideologia green potrà correre su strade e a velocità diverse di quella europea. È vero che non è scritto da nessuna parte che l’Europa debba scimmiottare pedissequamente le politiche americane, ma è altrettanto vero che procedere come nulla fosse sarebbe assai più pericoloso. Se Trump intende aprire con l’Europa una partita a scacchi, be’ a ogni mossa serve una contromossa e non sempre arroccarsi sulle proprie posizioni ritenendole giuste e immutabili è la risposta giusta.
“Agisci come se quel che fai faccia la differenza, perché la fa”: il premier Giorgia Meloni termina il suo intervento da Baku, alla COP29, la Conferenza ONU sui cambiamenti climatici, con le parole del filosofo William James.
“Come in tutte le COP – premette il capo del governo italiano – sta a noi determinare se questa sarà un successo o un fallimento. Sappiamo che potremmo non avere benefici personali dai risultati degli sforzi che stiamo compiendo, ma questa non è una cosa importante. Sono una madre, e da madre niente mi dà maggior soddisfazione di quando lavoro per politiche che consentiranno a mia figlia e alla sua generazione di vivere un un posto migliore”.
Nel suo intervento, Meloni ribadisce che “occorre proteggere l’ambiente, con un approccio che sia non ideologico ma pragmatico o saremo lontani dalla via del successo. Raggiungere un valido compromesso richiede la condivisione delle responsabilità, il superamento delle divisioni tra le nazioni sviluppate e le economie emergenti e in via di sviluppo. L’Italia intende continuare a fare la propria parte. Stiamo già assegnando all’Africa gran parte del budget di oltre quattro miliardi di euro del nostro Fondo per il clima, e continueremo a sostenere iniziative come il Fondo verde per il clima e il Fondo per le perdite e i danni, nonché a continuare promuovere il coinvolgimento delle Banche Multilaterali di Sviluppo”.
Per Meloni è “prioritario” che “la decarbonizzazione tenga conto della sostenibilità dei nostri sistemi produttivi e sociali. Dobbiamo proteggere la natura avendo al centro l’uomo. Un approccio troppo ideologico e poco pragmatico su questo tema rischia di portarci fuori dalla strada del successo. La neutralità tecnologica è l’approccio giusto, poiché attualmente non esiste un’unica alternativa alla fornitura di combustibili fossili”.
“Dobbiamo avere una visione globale realistica”, ribadisce Meloni ricordando che “la popolazione mondiale raggiungerà gli 8,5 miliardi entro il 2030 e il Pil globale raddoppierà nel prossimo decennio”, il che “aumenterà il consumo di energia, anche – annota – per il crescente fabbisogno richiesto dallo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale”. “Abbiamo bisogno – riprende – di un mix energetico equilibrato per migliorare il processo di transizione. Dobbiamo utilizzare tutte le tecnologie a disposizione, non solo rinnovabili, ma anche gas, biocarburanti, idrogeno, cattura della CO2 e, in futuro, il nucleare da fusione che potrebbe produrre energia pulita, sicura e illimitata”.
La strada del governo Meloni è tracciata: l’ambiente si difende senza bandiere ideologiche, con un parametro ben chiaro: il futuro dei nostri figli.