Negli ultimi anni, il sistema universitario italiano ha adottato nuovi criteri di finanziamento che premiano l’efficienza e la rapidità nel completamento degli studi. Uno dei parametri chiave è il cosiddetto “costo standard per studente in corso”, che esclude dal calcolo dei finanziamenti gli studenti fuori corso, incidendo significativamente sulle risorse assegnate agli atenei (fonte: Ministero dell’Università e della Ricerca).
In questo contesto, le università si trovano “costrette” a ridurre il numero di studenti fuori corso, implementando strategie per aumentare i tassi di laurea entro i tempi previsti. Il rischio è che queste pressioni abbiano ripercussioni sulla preparazione degli studenti: il percorso accademico potrebbe essere “facilitato” per consentire il superamento degli esami, assicurando così alti tassi di successo e maggiori risorse per l’ateneo. Questo fenomeno solleva interrogativi sulla qualità della formazione, sia durante il percorso accademico sia in uscita, oltre che sulla reale preparazione disciplinare e sulla maturità personale raggiunta dagli studenti.
Il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) ribadisce l’importanza di mantenere alti standard accademici e promuovere l’eccellenza della didattica. Tuttavia, la necessità di garantire i fondi spinge le università verso una sorta di “doppia contabilità”: efficienza e rapidità da una parte, qualità e merito dall’altra (fonte: Ministero dell’Università e della Ricerca – diritto allo studio).
Il rischio, quindi, è che l’equilibrio tra queste due esigenze vada perduto. Se da un lato il modello di finanziamento premia l’efficienza, dall’altro si affaccia una domanda cruciale: stiamo davvero formando professionisti competenti o promuoviamo l’apparenza di una macchina ben oliata a scapito della sostanza? Le università italiane devono mantenere un equilibrio che potrebbe minare la loro missione principale: formare competenze. Senza un cambio di rotta, l’intero sistema rischia di cadere nella trappola del “successo a ogni costo,” tradendo la propria vocazione educativa.