Usa. Netanyahu al Congresso: “E’ guerra tra civiltà e barbarie, insieme vinceremo”

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“Non siamo di fronte ad uno scontro tra civiltà, ma tra barbarie e civiltà e per far trionfare le forze della civiltà America e Israele devono stare insieme. Perché quando stanno insieme, succede una cosa semplice, noi vinciamo e loro perdono. E noi vinceremo”. Con queste parole il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha cercato il supporto dell’aula del Congresso degli Stati Uniti, dove ha tenuto il suo discorso, il quarto davanti ai senatori ed ai deputati americani riuniti. Nelle sue parole c’è volontà di cementificare il rapporto politico-militare con Washington nella delicata partita che si sta giocando in medio oriente. Puntando l’indice contro l’Iran e la sua minaccia atomica. Impedendo all’Iran di ottenere un’arma nucleare con la quale distruggerebbe Israele e attaccherebbe le città americane, “non solo proteggiamo noi stessi, ma proteggiamo anche voi”, dice Netanyahu parlando al Congresso Usa. “I nostri nemici sono i vostri nemici” e “la nostra vittoria sarà la vostra vittoria”. Lui, però, guardando sempre alla politica interna, fissa un obiettivo invalicabile: il nodo ostaggi. “Non avrò pace fino a quando tutti gli ostaggi non saranno a casa”, anche se “135 li abbiamo riportati a casa”. E una di loro, Noah Agarmani, presente nella galleria insieme alla moglie del premier israeliano, è diventata l’emblema della volontà di Tel Aviv di riportare in patria tutti i connazionali sequestrati in quel terribile blitz. Anche se la giovane sembra che venga usata come bandierina da sventolare in ogni occasione internazionale per fare breccia nell’opinione popolare.  Netanyahu ha accusato Hamas di una “strategia” in cui “in realtà vuole che i civili palestinesi muoiano”, in modo che Israele “venga infangato dai media internazionali e venga spinto a porre fine alla guerra”. “Voglio assicurarvi che, a prescindere dalle pressioni esercitate, non permetterò mai che ciò accada”. Ma il problema resta la Palestina tanto da chiedere agli Stati Uniti i mezzi militari così “più velocemente finiremo il lavoro”. Il premier ha spiegato la sua visione per il dopoguerra in una guerra che durerà “finché non avremo distrutto le capacità militari di Hamas e il suo dominio a Gaza e non avremo riportato a casa tutti i nostri ostaggi”. “Non ci accontenteremo di niente di meno”, ribadisce.  Per il futuro immagina “una Gaza smilitarizzata e de-radicalizzata. Israele non vuole rioccupare Gaza, ma per il futuro prevedibile, dobbiamo mantenere il controllo della sicurezza per prevenire la rinascita del terrore, per assicurare che Gaza non rappresenti mai più una minaccia per Israele”. Nel suo lungo discorso ha ringraziato il presidente Joe Biden “per il suo sentito sostegno a Israele. Dopo il barbaro attacco del 7 ottobre, ha giustamente definito Hamas ‘male puro’. Ma parole ci sono anche per Donald Trump, che vedrà venerdì in Florida. “Voglio ringraziare il presidente Trump per tutte le cose che ha fatto per Israele, dal riconoscimento della sovranità israeliana sulle alture del Golan alla risposta all’aggressione iraniana, al riconoscimento di Gerusalemme come nostra capitale e al trasferimento dell’ambasciata americana in quella città”. Il premier israeliano ha parlato in un Capitol diviso e blindatissimo, tra numerose defezioni dem (circa 100) e le proteste di migliaia di manifestanti filo palestinesi che lo hanno assediato anche davanti al suo hotel al Watergate. Kamala Harris ha scelto di non presiedere il Parlamento a Camere riunite per il discorso di Bibi, invocando precedenti impegni elettorali a Indianapolis.

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