Beniamo Zuncheddu, assolto e detenuto ingiustamente per lunghissimi 33 anni, ora potrebbe non ricevere alcun indennizzo dallo Stato. Questo perché, dalle motivazioni della sentenza emerge che non c’è certezza della sua colpevolezza ma, per insufficienza di prove, neanche della sua innocenza. Non essendo stato assolto con formula piena quindi ora il rischio di non ottenere nulla dallo Stato, un pesante risarcimento per 33 anni di ingiusta detenzione, è concreto.
La quarta sezione della Corte d’appello di Roma ha deciso, nel processo di revisione del gennaio scorso che ha fatto tornare in libertà l’ex pastore di Burcei, accusato di triplice omicidio per la strage di Sinnai del gennaio 1991, che forse non è stato lui a “mettere in atto la strage di Sinnai”, nel gennaio del 1981. Zuncheddu, si legge nella sentenza, “fu condannato perché il teste oculare dichiarò di averlo riconosciuto come l’aggressore, nonché per aver fornito un alibi falso”. Nel motivare l’assoluzione, la Corte scrive anche che “all’esito dell’istruttoria oggi svolta residuano delle perplessità sulla sua effettiva estraneità all’eccidio, commesso verosimilmente da più di un soggetto, uno dei quali, diversamente da quanto opinato nell’istanza di revisione, non era un cecchino provetto, non riuscendo nell’intento omicidiario nemmeno dopo aver sparato due colpi a distanza ravvicinata in un luogo talmente stretto che non occorreva prendere la mira”.
A giugno, l’avvocato di Zuncheddu, Mario Trogu, presenterà la richiesta di risarcimento cercando di spiegare perché quel verdetto di fatto sembra essere una ulteriore ingiustizia ai danni del suo assistito. “Le nostre tesi sull’innocenza di Beniamino – ha sottolineato a margine di un convegno a Marsala sui grandi errori giudiziari – sono state tutte accolte nella motivazione. Ma poi il tutto sfocia in quelle conclusioni non condivisibili e che sono infatti la parte più deludente della sentenza. Nonostante il castello di accuse contro Beniamino sia crollato dall’inizio alla fine, i giudici scrivono che l’assoluzione non è piena perché l’imputato non ha dimostrato la sua totale estraneità ai fatti. È un ragionamento, quello finale dei magistrati, che contrasta con la Costituzione, la nostra legge processuale e anche con quanto sempre sostenuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: la presunzione di innocenza. Perché fino a quando la responsabilità non è provata, l’imputato va considerato comunque innocente. In ogni caso dev’essere sempre l’accusa a dover provare la colpevolezza, non certo l’imputato a doverla provare”.
Al netto di questioni prettamente tecnico-giudiziarie rimane un dato di drammatica realtà: Zuncheddu è stato ingiustamente detenuto per 33 anni, lontano dai suoi cari e privato della libertà. Nulla potrà mai compensare questa vicenda ma negargli un risarcimento sarebbe una vergogna nazionale.